Jazz e Vino in Italia, un binomio di gusto
Il Cakewalk è una danza che nacque a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento tra le comunità afroamericane. Il suo stile sincopato e sottilmente ironico aveva l'obiettivo di prendere in giro e parodiare l'eleganza dei balli dei bianchi nelle music hall. Il Cakewalk anticipò e, anzi, ispirò il Jazz e il Ragtime, che si sarebbero sviluppati di lì a poco.
La prima testimonianza del Jazz in Italia riguarda proprio questa particolare danza afroamericana. Era il 1904 quando un gruppo di ballerini Creoli si esibirono All'Eden Theater di Milano, celebre locale di Varietà aperto in Foro Bonaparte nel 1892. Il Jazz vero e proprio arrivò nel nostro paese verso la fine del primo conflitto mondiale con i concerti di James Reese, ma furono gli anni Trenta a contemplare uno sviluppo crescente di questa musica. In quegli anni riscossero una certa attenzione le orchestre jazz, come, ad esempio, Arturo Agazzi e la Syncopated Orchestra e Carlo Andreis e il suo Quartetto Andreis.
Gli anni del secondo dopoguerra videro il Jazz decollare. Da quel periodo in avanti i vari stili del Jazz Americano ebbero la loro controparte italiana, anche se tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta al Bebop, che oltreoceano trovava il suo massimo esponente nella figura totemica di Charlie Parker, furono preferite le sonorità dello Swing, che aveva lo scopo di regalare momenti di evasione e spensieratezza dopo le tragedie della guerra. Musicisti come Bruno Martino, Giorgio Gaslini, Franco Cerri, Lelio Luttazi e Natalino Otto furono tra i maggiori protagonisti di questa fase.
Arrivano gli Anni Sessanta e Settanta e con essi il tempo delle avanguardie. Il Free Jazz o New Thing, come lo appella anche Valerie Wilmer nel suo fondamentale testo "La musica, importante quanto la tua stessa vita. La rivoluzione del Free Jazz e della Black Music", un (non) stile basato sulla piena libertà armonica, sull'improvvisazione strumentale e su una profonda connotazione politica e sociale, tanto che si sviluppò come musica di protesta, arrivò anche in Italia. Le sperimentazioni di John Coltrane, Albert Ayler, Ornette Coleman, Sun Ra e Cecil Taylor furono introiettate da diversi musicisti italiani. Uno di essi, forse il più rappresentativo in assoluto, si chiamava Mario Schiano. Quasi omonimo del genio della pop art Mario Schifano, Schiano seppe regalarci una musica realmente antiretorica e anticonformista mischiando "alto e "basso", dissonanze, improvvisazione e musica popolare di impronta folk, come nel bellissimo album "Sud" del 1973. Sulla medesima lunghezza d'onda si muoveva il cagliaritano Marcello Melis con il suo meraviglioso "Perdas de fogu", mentre Giorgio Gaslini aveva già sondato il terreno dell'avanguardia pura, persino oltre il Free Jazz propriamente detto, nell'ostico "Segnali" del 1968. Dagli Anni Settanta in avanti il Jazz italiano fu un florilegio di sperimentazioni. Musicisti come Andrea Centazzo, Carlo Actis Dato, Giancarlo Schiaffini, il Gruppo D'Improvvisazione Nuova Consonanza, Eugenio Colombo, Modern Art Trio, nobilitarono ulteriormente il genere facendo entrare nei territori dell'avanguardia.
Ormai apprezzato e riconosciuto anche nel nostro paese, grazie all'attività dei suddetti musicisti e agli scritti di un critico musicale come Arrigo Polillo, il Jazz guadagnò i propri spazi performativi, che furono sanciti dall'istituzione del festival Umbria Jazz, una manifestazione musicale tra le più importanti al mondo fondata nel 1973 da Carlo Pagnotta. Non solo. Nel corso degli anni si sono sviluppati una serie di percorsi tematici che hanno visto il jazz "relazionarsi" con altri ambiti del vivere, come ad esempio il cibo. Da diversi anni si tiene, per esempio, il Jazz & Wine in Montalcino, uno dei festival più raffinati e longevi d’Italia. La manifestazione unisce il grande jazz d’autore – con artisti internazionali di assoluto livello – alla celebrazione dei vini eccellenti del territorio, in particolare il Brunello di Montalcino e le riserve delle migliori cantine. Si svolge nelle locations più suggestive della città e delle aziende vinicole circostanti, tra concerti serali di altissima qualità, degustazioni guidate e quell’atmosfera unica che solo le colline toscane sanno regalare. È un evento che unisce cultura musicale elevata e piacere enogastronomico in modo armonioso e mai banale, e che ogni anno attira un pubblico competente e appassionato da tutto il mondo. Un’esperienza da fare almeno una volta nella vita per chi ama il jazz autentico e i grandi vini rossi.
Anche le nostre terre hanno saputo coniugare i sapori del vino e il gusto per la buona musica. Il Montecorice diWine Jazz Festival nasce alcuni anni fa proprio dall’idea di creare un connubio perfetto tra jazz d’autore e vini cilentani: non un semplice evento, ma un vero progetto di promozione territoriale che valorizza le produzioni enogastronomiche locali attraverso la musica di qualità e la bellezza dei luoghi. Organizzato dal Comune di Montecorice – attraverso l’ufficio di promozione turistica – in collaborazione con AIS Campania (delegazione Cilento e Vallo di Diano), il festival è diventato in breve tempo un appuntamento irrinunciabile dell’estate cilentana, capace di attirare un pubblico sempre più ampio e competente. Ogni edizione si svolge nella magica Piazzetta San Biagio, nel cuore del centro storico, con serate a ingresso libero in cui concerti di altissimo livello si fondono con degustazioni guidate di grandi etichette del territorio, in un’atmosfera intima, elegante e profondamente legata alla tradizione e all’ospitalità del Cilento. È un festival che celebra i sensi, la cultura e l’autenticità di una terra straordinaria: se amate il jazz vero e i vini che raccontano storie di uomini e di vigneti, Montecorice diWine è un'esperienza da non perdere.